
La Società Italiana di Neurologia (SIN) accoglie con soddisfazione l’approvazione, da parte dell’Agenzia Americana per gli Alimenti e i Medicinali (FDA), del primo test ematico per la diagnosi precoce della malattia di Alzheimer.
Si tratta di una svolta destinata a rivoluzionare l’approccio diagnostico e terapeutico a questa malattia neurodegenerativa: per la prima volta, sarà possibile individuare le alterazioni cerebrali tipiche dell’Alzheimer – come la presenza delle proteine beta-amiloide (Aβ42) e tau fosforilata (pTau217) – attraverso un semplice prelievo di sangue.
“La disponibilità di un test ematico rappresenta un progresso storico – afferma Alessandro Padovani, Presidente della SIN – che pone le basi per una medicina più predittiva e accessibile, proprio mentre in Italia cresce il numero di persone affette da demenza, oggi oltre un milione. È un’opportunità che il nostro sistema sanitario deve cogliere con prontezza per garantire diagnosi tempestive, terapie mirate e assistenza più vicina al cittadino”.
Rispetto agli esami finora impiegati, come la PET cerebrale o la puntura lombare, il nuovo test risulta meno invasivo, più accessibile e più sostenibile anche in ambito di medicina generale. L’utilizzo dei biomarcatori ematici rappresenta un cambiamento radicale che consentirà, innanzitutto, una diagnosi più precoce e diffusa, anche nei centri non specialistici, rendendo possibile l’identificazione della malattia in fasi molto iniziali.
In secondo luogo, questo test permetterà di selezionare in modo più mirato i pazienti che possono beneficiare delle nuove terapie anti-amiloide – come lecanemab-irmb e donanemab – che, secondo le evidenze disponibili, risultano più efficaci proprio nelle fasi iniziali dell’Alzheimer. Un ulteriore beneficio riguarda la maggiore precisione diagnostica che questi biomarcatori garantiscono, contribuendo a distinguere l’Alzheimer da altre forme di demenza, evitando errori e ritardi nella diagnosi.
Infine, grazie alla sua natura semplice e ripetibile, il test potrà essere impiegato anche per monitorare nel tempo l’evoluzione della malattia e valutare l’efficacia delle terapie, migliorando il percorso di cura del paziente. Numerosi studi, sia internazionali che condotti in Italia, confermano l’efficacia dell’utilizzo dei biomarcatori ematici. In particolare, le ricerche Clarity-AD e Trailblazer-ALZ 2 hanno dimostrato che i nuovi farmaci risultano efficaci solo in presenza di specifici biomarcatori, sottolineando l’importanza di una diagnosi biologica precoce e personalizzata.
Oltre a facilitare l’accesso alle cure, il test del sangue permette di risparmiare risorse, riservando indagini più complesse solo ai pazienti selezionati, contribuendo così alla sostenibilità del sistema sanitario nazionale.