• Sab. Lug 19th, 2025

Nel 2024 più di 2 milioni di italiani di età compresa tra i 18 e i 74 anni, pari al 5,3% della popolazione, hanno rinviato visite mediche o cure dentistiche perché non potevano permettersele. La situazione è ancora più grave tra chi soffre di malattie croniche, dove la percentuale sale al 9,2%.

È quanto emerge dall’ultimo report dell’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche (Inapp), basato sui dati dell’Indagine Plus.
Le polizze sanitarie private aiutano, ma non risolvono il problema: tra chi non ha un’assicurazione sanitaria, il 5,3% rinvia le cure. Tra chi ce l’ha, la quota scende al 3,3%. Solo il 13,7% degli italiani possiede oggi una polizza sanitaria, mentre un altro 10,6% vorrebbe attivarla.

Emergono forti differenze sociali: il 17,9% dei lavoratori ha un’assicurazione, contro appena il 4% di chi cerca lavoro. Le polizze sono più diffuse tra gli autonomi (22%) che tra i dipendenti (17%). Nelle famiglie con figli e redditi superiori a 5mila euro al mese, la quota sale al 32,2%.
I rinvii riguardano soprattutto visite specialistiche ed esami diagnostici. Per le cure primarie, ospedaliere e farmaci, il Servizio sanitario nazionale (Ssn) continua invece a garantire l’assistenza nella maggior parte dei casi.
Chi paga le cure? Il Ssn copre del tutto o in parte il 76% delle visite e il 79% degli esami diagnostici. Il restante 22-21% è pagato di tasca propria: un terzo con l’aiuto di una polizza, due terzi interamente dai pazienti.

Le assicurazioni sanitarie sono più diffuse tra i 45-49enni e tra chi ha più patologie. Tuttavia, anche in questi gruppi, il 9% delle visite e il 7% degli esami resta a carico diretto dei pazienti, mentre le polizze coprono meno del 3% delle prestazioni.
“Le polizze sanitarie- spiega il presidente Inapp, Natale Forlani- possono rappresentare una alternativa ed un complemento per contribuire a ridurre i tempi di attesa e ad ampliare l’accesso a prestazioni non coperte dal Ssn, offrendo maggiori tutele ai lavoratori che ne beneficiano tramite i contratti collettivi”.
“È importante, però- conclude- garantire che l’assistenza integrativa continui a rafforzare e integrare il servizio pubblico, mantenendone la centralità e l’universalità”.

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