
“Negli ultimi anni, la ricerca sul coinvolgimento del microbiota nella patogenesi dell’endometriosi è aumentata esponenzialmente. È stato dimostrato che il microbiota svolge un ruolo sia nell’immunità dell’ospite che nel metabolismo degli estrogeni, e l’endometriosi è, a tutti gli effetti, una patologia dipendente dagli estrogeni in cui coesiste una disregolazione del sistema immunitario.
L’unità Operativa Complessa di Ginecologia e Ostetricia dell’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar di Valpolicella (Verona) avvia lo studio “Biome-Endo”, che si propone di analizzare tre tipi di microbiota femminile (vaginale, cervicale e rettale) nella patologia endometriosica”. Lo si apprende da un comunicato congiunto dell’Irccs Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar di Valpolicella e Wellmicro di Named Group.
A COSA SERVIRÀ LO STUDIO
“Obiettivo primario dello studio- aggiungono- condotto in collaborazione con Wellmicro di Named Group, azienda italiana specializzata nell’analisi metagenomica del microbioma, è confrontare il microbioma vaginale, cervicale e rettale in pazienti con endometriosi in localizzazioni varie (endometriosi ovarica, peritoneale, profonda) e in pazienti senza endometriosi. Il disegno prospettico dello studio permetterà in modo del tutto innovativo di legare la valutazione del microbiota dei distretti vaginale, cervicale e intestinale alla severità della patologia endometriosica, rendendo possibile fare del microbiota un elemento importante di definizione prognostica della malattia e di aiuto nella definizione di quali pazienti potranno presentare maggiori o minori sintomi e complicanze postoperatorie.
‘Talora, i sintomi sono sfumati e/o sottostimati, ed il sospetto diagnostico tarda sino all’età giovanile o nell’adulto- continua Limongelli- Come tutte le malattie rare ed ultra rare, il sospetto diagnostico da parte di un pediatra, un medico di medicina generale o uno specialista è fondamentale per indirizzare il paziente ai centri di coordinamento regionale per malattie rare per indirizzare percorso regionale/interregionale, o direttamente nei centri di riferimento regionali per patologie metaboliche e lisosomiali, dove iniziare il percorso diagnostico. Un sospetto, e quindi, una diagnosi precoce è di fondamentale importanza, in quanto permette una presa in carico globale ed un inizio di terapia tempestivo per migliorare la qualità di vita e prognosi di queste persone. Vista la complessità della patologia, è di fondamentale importanza una presa in carico multispecialistica per trattare tutti gli aspetti clinici e gestire le complicanze.
Terapia comportamentale con psicomotricità e logopedia, fisioterapia, gestione delle infezioni orecchio medio, protesi in caso di deficit uditivi, chirurgia ortopedica ne rappresentano un esempio. Tutto questo richiede una organizzazione delle reti sia a livello dei centri di riferimento universitari e dei principali ospedali della rete, sia a livello territoriale, dove è fondamentale che il paziente e la famiglia ritrovino punti di riferimento e servizi organizzati per una reale ed estensiva presa in carico”.
Queste le parole di Annalisa Scopinaro, presidente Uniamo: “Lo screening neonatale esteso è fondamentale per tutte le patologie che hanno alcune caratteristiche: una insorgenza pediatrica, un trattamento disponibile, un test di screening sviluppato e un progetto pilota con esito positivo realizzato nel nostro paese. In questi casi è fondamentale poter far partire le procedure burocratiche che portano all’inserimento nel panel della specifica patologia. Il sistema di screening italiano è un programma, che prevede non solo informazioni prima e dopo il parto, ma anche una presa in carico dei bambini risultati positivi, con l’instradamento in percorsi di cura e assistenza delineati all’interno dei centri di competenza per le malattie rare’. ‘All’interno di questi percorsi- continua Scopinaro- è idealmente assicurata una presa in carico olistica, con team multidisciplinari e l’accesso alle terapie di cui hanno bisogno. Ad oggi è limitato ad alcune categorie specifiche di patologie: malattie metaboliche, lisosomiali, immunodeficienze primitive e neuromuscolari.
Il sistema screening, attivo in Italia prima con progetti pilota regionali, poi con una sperimentazione strutturata scandita dalla Legge 167/2016, garantisce l’indagine su ben 49 patologie, unico esempio in Europa di un numero così ampio. Ma la procedura di inserimento nel panel è ancora molto farraginosa: passa al vaglio di un Gruppo di lavoro specificatamente costituito (e non rinnovato a fine 2024); poi alla commissione Lea einserita nel decreto Lea. Con aggiornamenti Lea così sporadici non sono garantiti sufficienti diritti per i bambini che avrebbero tutte le carte in regola per poter essere sottoposti al test. Auspichiamo che questo sistema possa essere almeno parzialmente rivisto”, ha concluso la Scopinaro.
“La diagnosi precoce nell’alfa-mannosidosi è fondamentale, poiché permette di intervenire tempestivamente con terapie efficaci, migliorando la prognosi e la qualità di vita dei pazienti. È essenziale aumentare la consapevolezza della classe medica su questa patologia rara, favorendo l’identificazione di pazienti affetti soprattutto nelle forme mild e attraverso la rivalutazione di casi non diagnosticati con fenotipo simile come, ad esempio, nei pazienti già indagati per mucopolisaccaridosi’, ha raccontato Antonio Barbato, medico specialista interno Uosd Emergenze Mediche – Dai Onco-Ematologiche, Anatomia Patologica e Malattie Reumatiche, Aou Federico II docente Scuola di Specializzazione in Medicina Interna, Università di Napoli Federico II-. L’utilizzo di nuovi strumenti diagnostici, come l’Intelligenza Artificiale, può accelerare e ottimizzare il processo di riconoscimento della malattia, riducendo il ritardo diagnostico che ancora oggi grava sui pazienti. Pertanto, è cruciale formare i medici, a livello universitario e post-universitario, sui cosiddetti red flags, quei segni e sintomi chiave – come ritardo mentale e disturbi motori progressivi – facendo rientrare nel ventaglio diagnostico anche le malattie lisosomiali’.
‘Come affermava Henri Bergson- cita Barbato- ‘L’occhio vede solo ciò che la mente è preparata a comprendere’: senza una conoscenza adeguata, anche i sintomi più evidenti rischiano di essere trascurati. Oggi disponiamo di terapie efficaci, come la terapia enzimatica sostitutiva e il trapianto di midollo, che hanno dimostrato miglioramenti clinici significativi, ma il loro successo dipende da una diagnosi tempestiva, possibilmente attraverso lo screening neonatale. Per una gestione ottimale della malattia, è indispensabile inoltre una rete multidisciplinare, in grado di affrontare le comorbidità e accompagnare il paziente in un percorso di cura personalizzato. Solo riducendo il ritardo diagnostico e sfruttando le nuove opportunità terapeutiche potremo davvero modificare la storia clinica dell’alfa-mannosidosi, garantendo ai pazienti e alle loro famiglie una vita migliore”.
“Crediamo fortemente nello screening neonatale come uno degli strumenti più potenti che abbiamo oggi per cambiare la storia naturale di molte malattie rare e ultra-rare, inclusa l’alfa-mannosidosi- ha spiegato Alessandra Vignoli, vice president, Rare Diseases, Cluster Mediterranean and Global Portfolio Strategy Head Aim Chiesi GRD-. Riuscire a identificare la patologia nei primi giorni di vita non è solo un vantaggio clinico: è un atto di responsabilità verso i pazienti e le loro famiglie. Significa poter avviare tempestivamente un percorso terapeutico, rallentare la progressione della malattia, ridurre le complicanze e migliorare significativamente la qualità di vita. Ma significa anche dare risposte rapide in un momento di grande incertezza, paura e solitudine, in cui le famiglie spesso si sentono invisibili o senza punti di riferimento. Il nostro impegno come Chiesi Global Rare Diseases è proprio quello di contribuire alla costruzione di una rete solida, accogliente e competente, che accompagni i pazienti sin dall’inizio del loro percorso e faccia sentire le famiglie meno sole. Collaborazioni come quella con Motore Sanità rappresentano per noi un’occasione concreta per promuovere cultura, costruire alleanze e contribuire a un cambiamento strutturale che metta al centro le persone con malattie rare sin dal primo respiro”.