
Il successo della fecondazione in vitro è determinato dall’impianto di una blastocisti (embrione al 5°/6° giorno di sviluppo), sana geneticamente su un endometrio sincrono e recettivo.
Tuttavia non esiste nessuna correlazione tra aspetto morfologico dell’embrione e la sua salute genetica, ovvero è possibile trasferire all’interno della cavità uterina embrioni “bellissimi” ma allo stesso tempo non sani geneticamente e, quindi, per il famoso processo di selezione naturale, non si impiantano. Fisiologicamente tutte le donne, a qualsiasi età, presentano una quota parte dei propri ovociti non sana geneticamente. Questo è anche il motivo per cui la specie umana presenta un basso tasso di fertilità naturale: circa il 20-25 % per ciclo se la donna ha un età inferiore ai 30 anni. L’aumentare dell’età, fondamentale dopo i 35 anni, determina due aspetti molto importanti: la riduzione della riserva ovarica (numero di ovociti) e l’aumento delle anomalie cromosomiche degli ovociti.
Per questo quando una coppia decide di intraprendere il percorso di fecondazione assistita, la fase più delicata è quella dell’impianto dell’embrione. Infatti non sempre il processo avviene con successo ed il fallimento viene spesso vissuto dalla coppia come un’esperienza molto forte dal punto di vista psicologico, che può causare anche stati di depressione e frustrazione. La capacità degli embrioni di impiantarsi nell’utero dipende per il 70% dalla loro normalità genetica e per il 30% dalla capacità del tessuto all’interno dell’utero di essere sincrono e in grado di produrre alcune molecole essenziali per l’impianto della blastocisti.
«Sicuramente le diverse tecniche di fecondazione assistita disponibili (FIVET, ICSI, IMSI) sono un rimedio importante per superare l’infertilità di coppia – spiega il prof. Ermanno Greco, Direttore Responsabile Centro Medicina e Biologia della Riproduzione Clinica Villa Mafalda di Roma e Presidente della Società Italiana della Riproduzione (S.I.d.R.) -. E’ quindi molto importante che i Centri di fecondazione artificiale utilizzino oggi le tecniche in grado di ottenere elevate percentuali di successo fin dal primo tentativo, senza incorrere nella possibilità di una gravidanza multipla: un grande rischio sia per la madre che per il nascituro». Ciò è possibile se, con le tecniche di fecondazione in vitro, gli embrioni da trasferire all’interno dell’utero non vengono più scelti sulla base della loro apparente qualità morfologica ma sulla base della loro salute genetica, ossia del loro normale assetto cromosomico: ciò può essere constatato grazie alla diagnosi genetica preimpianto.