
“I disturbi d’ansia, in particolar modo e più genericamente i sintomi d’ansia, sono un problema di salute mentale da non sottovalutare. Spesso vengono giudicati come passeggeri, come transitori. È vero, spesso lo sono, ma è anche vero che i numeri ci dicono ben altro, ci raccontano che più del 30-35% dei soggetti in età evolutiva presenta una sintomatologia ansiosa, declinata in modo differente: dal mutismo selettivo alla fobia sociale fino alla generica ansia di separazione.
Questi possono essere il prodromo per problemi decisamente più importanti quali l’abuso di sostanze, addirittura il rischio suicidario, che aumenta a dismisura in questi soggetti, soprattutto quando non vengono accolti dal personale medico e quando non vengono capiti nell’ambiente scolastico e, soprattutto, in quello familiare”.
Lo ha affermato all’agenzia Dire Marco Carotenuto, professore ordinario di Neuropsichiatria infantile presso l’Università degli Studi della Campania ‘Luigi Vanvitelli’, a margine del XXXVII Congresso nazionale della Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale (Sipps) dal titolo ‘Essere pediatri in un mondo che cambia’ a Napoli presso l’hotel Royal Continental.
“Purtroppo- ha proseguito- assistiamo anche a una crisi della figura parentale, una crisi della genitorialità: abbiamo degli adulti anagraficamente che sono, in realtà, genitori molto fragili dal punto di vista emotivo. Noi clinici, in particolar modo chi si occupa di salute mentale come i neuropsichiatri infantili, dobbiamo fronteggiare questo problema che sta diventando numericamente molto più importante degli altri”.
“Abbiamo però poche strategie terapeutiche- ha poi sottolineato- non possiamo utilizzare i farmaci in tutte le fasce di età, soprattutto in età scolare per limitazioni imposte dal punto di vista ministeriale e quindi dobbiamo ricorrere ad artifici terapeutici che mescolano la terapia cognitivo comportamentale, il counseling, l’accoglimento, una sorta di educazione di parent training per questi genitori che sono sempre più smarriti e, soprattutto, dobbiamo insegnare a questi bambini, a questi ragazzi, che avere paura, avere l’ansia è normale, è un percorso normale della vita, ma dall’ansia si esce, dalla paura si può uscire”.
Per Carotenuto “bisogna però non negarla, bisogna imparare ad attraversarla e attuare quelle pratiche che vengono chiamate di ‘fear unlearning’, cioè disimparare la paura, processo che normalmente tutti noi facciamo dopo un evento stressante, quello che adesso viene etichettato genericamente come resilienza. Noi abbiamo degli strumenti emotivi, naturalmente, che ci portano a evitare di ripetere il trauma emotivo che abbiamo già vissuto e quindi, imparando, sviluppiamo questa capacità predittiva. È questo che fa il bambino, che diventa sempre più in grado di gestire situazioni ansiose e situazioni che prima lo impaurivano, tenendo conto che non bisogna nemmeno sminuire il normale snodarsi delle paure nei bambini”.
Per esempio, ha dichiarato l’esperto, “tra i 3 e i 7 anni i bambini hanno paura del buio, hanno paura dei fantasmi. Quando diventano più grandi hanno paura di ammalarsi, di restare da soli e da adolescenti hanno paura del futuro, soprattutto con le notizie per niente confortanti e attuali della cronaca nera, delle guerre, del disastro economico. Tutto ciò, chiaramente, non mette questi ragazzi in una condizione di omeostasi emotiva tale da farli guardare al futuro in modo in modo più sorridente”.
Nel corso del proprio intervento, il professore ordinario di Neuropsichiatria infantile presso l’Università degli Studi della Campania ‘Luigi Vanvitelli’, ha citato i dati, ancora parziali, di una survey. “Nonostante la risposta non sia stata quella sperata- ha reso noto- il progetto CALM certamente continuerà.
Erano poche domande che il pediatra di famiglia doveva compilare in meno di un minuto, in modo completamente anonimo, su schede riferite al bambino che aveva davanti e che stava visitando, riguardanti i sintomi somatici dell’ansia, dell’ansia emotiva: la paura di essere interrogato, il desiderio di una rassicurazione da parte dell’adulto e anche la difficoltà ad addormentarsi o a risvegliarsi. Dalla survey è emerso che ci sono regioni che appaiono più serene, altre che invece appaiono più instabili emotivamente, ma sono tutti dati assolutamente parziali che non danno una fotografia reale del panorama nazionale”.
Si tratta “certamente dati molto importanti- ha però tenuto a sottolineare- perché ci raccontano che il problema esiste ed è anche molto importante: questi dati ci dicono che tra il 30 e il 45% dei bambini ha un disturbo somatico o sociale riferito in qualche modo allo spettro ansioso. Questo significa che dobbiamo ragionare diversamente anche nello studio del pediatra di famiglia. Da questi dati che, ripeto, sono parziali, la maglia nera spetterebbe in modo inatteso alla Puglia, dove tutte le risposte sono state decisamente sopra soglia, e la regione più serena sembrerebbe la Calabria. Sottolineo che le regioni del centro e nord Italia sono state in qualche modo più tiepide nelle risposte, nei dati- ha concluso Carotenuto- quindi non abbiamo dati chiari per comprendere cosa accada, per esempio, nel nord est o o nel nord ovest italiano”.
