
“L’uso complementare di metodi diversi per produrre radiofarmaci per la diagnostica di diverse patologie, tra cui quelle oncologiche, potrebbe soddisfare circa la metà del fabbisogno nazionale e rendere indipendente l’ Italia dall’approvvigionamento esterno”.
A evidenziarlo è uno studio condotto da Enea e pubblicato su ‘Nature’, che analizza tre diverse metodologie per produrre un elemento come il molibdeno-99 (99Mo), essenziale nella medicina nucleare per la diagnostica dei tumori. “Dai risultati della ricerca emerge che l’utilizzo di tre diverse metodologie- spiegano i ricercatori ENEA del Dipartimento Nucleare Antonino Pietropaolo e Marco Capogni, che hanno firmato lo studio su ‘Nature’ insieme a Lina Quintieri dello Science and Technology Facilities Council (UK)- può contribuire a creare filiere di produzione di radiofarmaci solide e resilienti, composte da impianti compatti e modulari diffusi sul territorio, in grado sia di far fronte alle scarsità manifestatasi dopo la chiusura del reattore a fissione canadese, uno dei principali produttori a livello mondiale, ma anche di rendere il nostro Paese resiliente nei confronti di eventi globali inaspettati, come le pandemie, che possono creare fabbisogni improvvisi e criticità nella filiera”.
I tre metodi di produzione studiati sono: tramite ciclotroni, cioè acceleratori di particelle, in grado di produrre direttamente il tecnezio-99m; si tratta di una tecnologia già disponibile, adatta per la produzione diffusa sul territorio e all’interno di ospedali; con acceleratori lineari di elettroni (e-linac), metodologia in fase di studio per produrre molibdeno, che potrebbe essere implementata in modo sostenibile e modulare; tramite neutroni da fusione; in pratica attraverso reazioni deuterio-trizio si ottengono neutroni che interagendo producono molibdeno-99. Quest’ultima opzione è risultata più efficiente rispetto alle altre due anche grazie ai brevetti e agli studi condotti da ENEA.
In quest’ultima direzione va il progetto ‘Sorgentina’, che riguarda la progettazione di un prototipo di sorgente di neutroni da 14 MeV[3] in via di realizzazione presso il Centro Enea di Brasimone (Bologna) per la produzione industriale di molibdeno e di altri radioisotopi diagnostici, terapeutici e teranostici: si compone di una sorgente di neutroni, cioè un acceleratore di ioni deuterio/trizio, e un bersaglio rotante, già realizzato, dove avvengono le reazioni di fusione. L’obiettivo del progetto è “contribuire alla produzione di radionuclidi per soddisfare parte del fabbisogno nazionale e creare posti di lavoro altamente specializzati. Nell’ambito delle attività , inoltre, ENEA ha anche brevettato un dispositivo in grado di aumentare la resa del processo produttivo dei radioisotopi”.
L’approccio proposto nello studio è basato sulla “sinergia tra ciclotroni, acceleratori lineari di elettroni e sorgenti di neutroni da fusione, si ispira a principi di sostenibilità , complementarità , modularità e prossimità , come parti di una rete resiliente concepita per garantire la fornitura di 99Mo su scala locale, atta a coprire circa il 50% del fabbisogno nazionale”, sottolineano i ricercatori. “L’idea di avere tutte le soluzioni tecnologiche presenti è strategica dato che ogni tipologia di sorgente può produrre molibdeno-99, tecnezio-99m ma anche altri radioisotopi importanti, al fine di aumentare le tipologie di radioisotopi disponibili per la filiera della medicina nucleare”.