
Il superamento del numero chiuso a Medicina lede la libertà d’insegnamento. E’ con questa convinzione che un gruppo di ricercatori e docenti di area medica dell’Alma Mater di Bologna ha avviato una raccolta firme, che si chiuderà il prossimo 5 maggio, contro il provvedimento fortemente voluto dalla ministra Anna Maria Bernini.
Nella lettera, inviata tra gli altri anche al presidente della Repubblica, alla presidente del Consiglio, ai ministri, ai parlamentari, al gruppo di Lavoro del Ministero dell’Università, ai rettori e al Consiglio universitario nazionale, si sottolinea come in merito alla riforma dell’accesso a Medicina finora siano stati “da più parti evidenziati i numerosi problemi che creerà a studenti e studentesse e ai corsi di laurea coinvolti. Tuttavia, ad oggi, non si è parlato delle gravi ricadute sulla libertà di insegnamento”. I ricercatori e docenti dell’Alma Mater mettono dunque in fila quattro punti critici della riforma. Prima di tutto, sostengono,
“per uniformare la formazione dovranno essere rigidamente stabiliti gli specifici contenuti per gli insegnamenti del primo semestre. Gli argomenti oggetto di valutazione non potranno essere trattati in modo critico, ma si dovrà fornire una versione ridotta ed edulcorata della materia, finalizzata esclusivamente all’apprendimento acritico di risposte rigorosamente predefinite”. Gli accademici di Bologna, facendo riferimento alla libertà di insegnamento garantita dall’articolo 33 della Costituzione, si chiedono dunque come “può essere definito docente universitario chi non può scegliere liberamente i contenuti specifici del suo corso? Potrà consigliare liberamente i testi per lo studio della propria materia? Avrà la possibilità di trasmettere informazioni per il proprio corso di laurea e la propria attività di ricerca?”.
La seconda questione riguarda il fatto che “la didattica del primo semestre dovrà essere in gran parte telematica”, dato il “numero di iscrizioni atteso e in assenza dichiarata di risorse aggiuntive”. Inoltre, sottolineano docenti e ricercatori Alma Mater, “per garantire omogeneità nelle procedure di selezione, non potranno svolgersi esami individuali che consentano l’utilizzo del linguaggio proprio della disciplina e la verifica puntuale dell’efficacia dell’insegnamento”. Non potendo dunque i docenti “scegliere liberamente le modalità e i contenuti della propria didattica e le modalità di esame”, gli accademici di Bologna si chiedono se “chi ha insegnamenti nel primo semestre non sarà quindi demansionato e discriminato”.
Infine, “è da ritenersi legittimo che l’organizzazione e i contenuti della didattica vengano imposti a livello centrale, scavalcando Atenei, Dipartimenti e corsi di laurea, e privandoli della loro autonomia decisionale?”. Questa imposizione sarebbe peraltro non “rispettosa della ‘Magna Charta Universitatum’ di Bologna del 1988, firmata da più di 900 Atenei di tutto il mondo”. Il gruppo di ricercatori e docenti dell’Alma Mater si aspettano su questi punti “risposte precise, chiare e motivate, nell’interesse di un dibattito sulla autentica libertà dell’Università, il suo tesoro più prezioso. Vogliamo costruttivamente leggere le vostre risposte”.