“Il lavoro di medico di base purtroppo oggi è diventato poco attrattivo e stare nel servizio sanitario in Italia è un grosso problema. Ecco, dunque, che il rapporto ottimale tra il numero di pazienti e il medico diventa fondamentale ed è chiaro che in caso di carenza questa situazione aumenta un po’ il turnover, ma limita anche la possibilità di fare il lavoro come ce lo ricordiamo noi una volta”.
Lo dice il presidente dell’Ordine dei Medici-Chirurghi e degli Odontoiatri della provincia di Roma, Antonio Magi, ospite del programma ‘Gli Inascoltabili’, contenitore di Radio Roma Sound. “Purtroppo- prosegue- anche l’avvento dei social media, di whatsapp e di altro, ha creato condizioni per cui o il medico visita e parla con il paziente o risponde al cellulare. Dobbiamo trovare un meccanismo che sia legato alla quotidianità e alla realtà di quanto viviamo. Il problema, inoltre, è che la maggioranza dei medici ha un’età avanzata, compresa tra i 65 e i 70 anni, e il medico di medicina generale può andare in pensione a 70 anni: questo è l’aspetto più importante, insieme a quello del ricambio, perchè il cittadino deve trovare in tempi brevi il sostituto del proprio medico che è andato in pensione”.
“Addirittura io da presidente dell’Ordine Medici- ricorda Antonio Magi- ho impiegato un po’ per trovarne un altro quando il mio medico di base è andato in pensione, perché avevano tutti già troppi assistiti e il numero di possibili sostituti era inesistente. Mediamente ogni medico di base ha circa mille pazienti mutuati. Questa è una media. Ma bisogna anche vedere dove si trova questo medico: ad esempio, vi sono zone di Roma, soprattutto in periferia, che hanno carenze di medici di base rispetto ad altre”. “C’è infatti la difficoltà – evidenzia il presidente dell’Ordine dei medici di Roma- a trovare professionisti che vadano a lavorare nei quartieri più difficili, che aprano lì il loro studio, perchè lavorano in una situazione di poca tranquillità e serenità sul fronte della sicurezza”.
Antonio Magi accende poi i riflettori sul tema della mancanza di ricambio generazionale. “Ce n’è poco- afferma- perché ormai abbiamo creato un’apertura del mercato, con la libera circolazione dei professionisti e quello giovane sceglie la propria strada molto più semplicemente. Se prima si laureava in Italia e doveva lavorare qui o doveva fare esami o permessi per poter lavorare all’estero, oggi con la libera circolazione dei medici in Europa ognuno può scegliere dove andare. Senza dimenticare le retribuzioni differenti, le modalità di lavoro, la tranquillità, la sicurezza e la burocrazia, che in Italia fa paura: prima il medico di medicina generale non doveva passare così tanto tempo davanti al computer, a scrivere fogli su fogli, ma faceva la visita, riempiva la scheda personale del paziente e, se necessarie, faceva le prescrizioni”.
“Oggi- sottolinea Magi- passiamo troppo tempo davanti al computer per compiere questi passaggi burocratici che potrebbero essere fatti da qualcun altro. Abbiamo perso proprio quel tempo legato alla comunicazione e al dialogo con il paziente. E la burocrazia ha agevolato e sta agevolando anche l’esodo: l’anno scorso ho iscritto all’Ordine circa 2.200 medici ma ben 1.400 hanno chiesto di andare a lavorare all’estero. Non è una questione soltanto economica ma è legata anche alle modalità di lavoro, perchè se continuiamo così non ci sarà più nessuno da prendere a botte come, purtroppo, succede ormai ogni giorno”.
“I nostri medici sono tra i più preparati- tiene poi a ribadire il numero uno dell’Omceo della Capitale- le università li formano davvero bene e in maniera importante, sono tra i più ricercati in tutto il mondo. È chiaro che tra un po’ i medici italiani andranno a lavorare da altre parti e noi dovremmo accontentarci di medici laureati all’estero privi, però, della nostra formazione. Non sempre, infatti, ritroviamo da altre parti la qualità professionale italiana”. “In prospettiva anche aumentare il numero di posti in medicina ha una logica sotto certi aspetti – spiega ancora- e per queste persone dobbiamo trovare le condizioni affinchè rimangano alla fine del percorso formativo, ma dobbiamo creare anche condizioni di attrattività per cui il medico, dopo che si è laureato, rimanga in Italia”.
Spazio, poi, alla parte specialistica. Secondo Antonio Magi, “è chiaro che oggi la medicina non può essere più quella di una volta, ormai una persona è specialista della mano destra, mentre sulla sinistra ha difficoltà perché ci sono le super specializzazioni. Ormai la medicina ha necessità di conoscenze importanti, ma la cosa più grave è che oggi abbiamo anche una crisi degli specialisti, molte branche non vengono più scelte: ad esempio, in anatomia patologica o radioterapia abbiamo avuto zero iscritti. Ecco, dunque, che oggi un professionista sceglie di fare il dermatologo o il medico di medicina estetica piuttosto che l’anatomopatologo, il radioterapista o il medico di pronto soccorso”. Infine, un auspicio. “La sanità, la salute delle persone- conclude Magi- deve tornare al centro della politica: poter garantire ai cittadini quanto previsto dall’articolo 32 della Costituzione. Su questo tutti dovrebbero mettersi d’accordo per trovare una soluzione”.