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Vaccinazione meningococco, 50% genitori in difficolta' per pandemia da coronavirus

L'onda lunga della pandemia Covid-19 ha colpito seriamente la prevenzione contro la meningite meningococcica, malattia batterica che può uccidere in meno di 24 ore. E' quanto emerge da un’indagine Ipsos condotta per conto di Gsk negli ultimi 12 mesi.

Il sondaggio ha preso in considerazioni le opinioni di 4.962 genitori di bambini di età compresa tra 11-18 anni negli Stati Uniti e tra 0-4 anni nel Regno Unito, Italia, Francia, Germania, Argentina, Brasile e Australia. Ebbene, dall'indagine emerge che i "genitori il cui figlio aveva un appuntamento per la vaccinazione contro la meningite, programmato durante la pandemia da Covid-19, il 50% ha afferma che è stato ritardato o annullato a causa della situazione di contagio". L'indagine è state presentata oggi in un webinar 'La vaccinazione antimeningococcica nell'era Covid-19'.

Secondo il 63% degli intervistati le cancellazioni "sono state dovute alle norme restrittive che hanno imposto blocchi relativi agli spostamenti" ma nonostante questo il 77% ha dichiarato di "voler riprogrammare gli appuntamenti". Questo perché per l’81% la vaccinazione contro la meningite "è considerata molto importante" e ben l’83% si è detto "convinto che il proprio figlio debba continuare a ricevere le vaccinazioni raccomandate anche durante la pandemia".

I genitori italiani con appuntamenti per la meningite ritardati o cancellati "erano meno propensi a dire che la vaccinazione per la meningite del loro bambino era stata ritardata o cancellata a causa delle norme di chiusura: sul totale degli intervistati, il 63% dei genitori ha selezionato questa opzione tra tutte le risposte possibili, mentre in Italia solo il 54% l'ha scelta come motivazione", evidenzia la ricerca. ?I genitori italiani erano anche "meno propensi a citare la preoccupazione di contrarre il virus in luoghi pubblici" come motivo per ritardare o cancellare la vaccinazione: sul totale degli intervistati il 33% ha selezionato questa opzione, mentre per quanto riguarda i genitori italiani, lo ha fatto solo il 22%. ?

Gli esperti intervenuti nel webinar, tra cui anche pediatri e associazioni di pazienti, hanno ribadito come il sovrapporsi della pandemia Covid-19 ha messo in difficoltà i sistemi sanitari e anche i genitori. "La meningite meningococcica e Sars-CoV-2 condividono alcuni sintomi - ha sottolineato Francesca Ceddia, vice president, head global Medical Affairs, Gsk Vaccines - febbre, affaticamento, spossatezza, ma nel primo caso non abbiamo un test per capire cosa abbiamo di fronte per questo è importante fare presto se si sospetta una meningite: la progressione della malattia è molto veloce e si può arrivare a conseguenze severe, tra cui l'amputazione degli arti fino al decesso, che possono arrivare in alcuni casi entro le poche ore dai primi sintomi. La vaccinazione è quindi l'unica arma che abbiamo". "Nel passato i casi di meningite si verificavano durante il servizio militare o al college - ha ricordato Rino Rappuoli, chief scientist di Gsk Vaccines, nel suo intervento scientifico sulle particolarità dei vaccini anti-meningococco - E' una infezione batterica, che può esplodere velocemente e creare focolai dove le persone sono a stretto contatto.

"La consapevolezza dell'importanza dei vaccini crescerà dopo l'emergenza Covid e potrebbe sicuramente aumentare l'accettazione dei vaccini, ma l'effetto lo vedremo tra diversi mesi mentre l'impatto del calo delle vaccinazioni obbligatorie, tra cui la meningite ma non solo, sarà alto perché molte persone saranno più suscettibili alla fine del lockdown. Il mio timore è che sarà peggio perché ci sono persone più esposte e meno vaccinate". Lo ha spiegato all'Adnkronos Salute Ennio De Gregorio, head of research and development center, Gsk Vaccines Italy, tra i relatori del webinar 'La vaccinazione antimeningococcica nell'era Covid-19'.

"Noi non sappiamo cosa succederà dal punto di vista epidemiologico per queste malattie - avverte De Gregorio - Un lockdown su scala mondiale non l'abbiamo mai vissuto. Sappiamo che ques'anno abbiamo avuto pochi casi di influenza, per la prima volta nella storia, ma quanto ci metterà per tornare? Tornerà più debole o più forte di prima? Non lo sappiamo. La paura certamente è che queste infezioni, a seconda del patogeno, torneranno. E soprattutto nel caso della meningite dove c'è un batterio che può restare come 'commensale' senza dare la malattia in modo sintomatico e che continua ad esserci nella popolazione. Questo tipo di malattie - osserva - saranno le prima a ripartire quando le attività riprenderanno. Invece le patologie virali potrebbero metterci un po' di più come nel caso delle malattie respiratorie. Ma è tutto da vedere perché non abbiamo mai vissuto una situazione epidemiologica come questa su larga scala".

 
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