Fumo e Covid, Rapporto annuale 2020 del Fondo per la prevenzione del tabagismo

Il 2020 è stato una pietra miliare per l’FPT e questo per due eventi salienti: l’entrata in vigore della revisione dell’ordinanza sul fondo per la prevenzione del tabagismo e la definizione della strategia del Fondo per gli anni a venire. Per il resto, l’anno in esame è stato fortemente condizionato dal nuovo coronavirus.
Anche il Fondo per la prevenzione del tabagismo si è occupato del pericoloso virus avviando provvedimenti appropriati e accogliendo due domande di finanziamento per progetti sulla tematica del rapporto tra la COVID-19 e il fumo. Sebbene i dati disponibili su questa correlazione siano ancora pochi, gli studi
sinora condotti indicano che i fumatori che si infettano con il virus tendono ad avere un decorso della malattia più grave rispetto ad altre persone.
È noto che il consumo di tabacco aumenta il rischio di contrarre molte malattie non trasmissibili (MNT) – per esempio i fumatori si ammalano 17 volte più spesso di cancro del polmone – e che addirittura è l’unico fattore di rischio che accomuna le cinque MNT più frequenti. Perché il fumo riveste un ruolo importante per la COVID-19? Secondo l’ultima indagine, in Svizzera, il 97 per cento delle persone decedute a causa di un’infezione da coronavirus aveva almeno una malattia pregressa e precisamente una delle MNT menzionate. Per questo motivo, i fattori di rischio come il consumo di tabacco che influenzano la portata della pandemia di COVID-19 devono essere esaminati con attenzione.
Dalla pandemia è emerso un insegnamento chiaro: per ridurre l’incidenza delle MNT e quindi delle malattie pregresse che condizionano il decorso di un’infenzione da coronavirus dobbiamo rafforzare la prevenzione. Una popolazione sana è più resistente alle malattie trasmissibili. Una «prevenzione pandemica» di questo tipo produce effetti significativi e a lungo termine, e permette anche di contenere i costi di future pandemie.
Eppure, sia sulla gestione della pandemia causata dal coronavirus sia sulla prevenzione del tabagismo spirano gli stessi venti contrari. Dato che una prevenzione efficace non gode ancora di un sostegno unanime, in lettere del lettore o commenti, molti cittadini hanno stabilito un collegamento tra la pandemia di COVID-19 e l’epidemia di tabagismo. Ogni anno, hanno osservato, il fumo miete
9500 vite. Il loro obiettivo non è certo mettere sui due piatti della bilancia il numero di vittime del coronavirus e quello delle vittime del fumo, bensì richiamare l’attenzione sull’aspetto per alcuni deprecabile e per altri confortante di questo «confronto»: mentre i primi sottolineano l’estrema frammentarietà delle misure di prevenzione del tabagismo rispetto a quelle messe in campo contro la pandemia di COVID-19, i secondi mettono in evidenza tutto ciò che nella lotta contro la pandemia è (diventato) possibile per intervenire rapidamente contro una minaccia mortale. Secondo Dr. Rüdiger Krech, direttore della promozione della salute presso l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) a Ginevra, ora è il momento di sostenere le persone che vogliono smettere di fumare, implementando nella prevenzione del tabagismo gli strumenti che si sono rivelati promettenti nella lotta contro la pandemia, ossia: la salute come primo obiettivo, la sorveglianza della malattia, l’accesso diretto al sistema sanitario, una società civile forte e una comunicazione chiara.
Il mio auspicio è che i Governi e i Parlamenti attuino misure efficaci anche per quanto riguarda la prevenzione del tabagismo. L’FPT fa la sua parte svolgendo i compiti che gli sono stati attribuiti per ridurre il consumo di tabacco e di conseguenza il numero di decessi evitabili. In questo modo contribuisce anche, in ultima analisi, a ridurre le conseguenze sanitarie delle pandemie.
Peter Blatter, Direttore del Fondo per la prevenzione del tabagismo