CORONAVIRUS, L’IMPORTANZA DI MANTENERE IN EQUILIBRIO IL PROCESSO INFIAMMATORIO
Intervista al dr. Fiorentino Fraganza del Cotugno di Napoli
credit NIAID RML
Difficoltà respiratorie fino a una polmonite per infezione da coronavirus Covid-19. In questi casi è necessario un ricovero ospedaliero, spesso con somministrazione di ossigeno e talvolta respirazione artificiale. Le persone anziane e i pazienti con patologie pregresse hanno molto più spesso un decorso con sintomi gravi.
In linea di massima, però, questo può verificarsi a qualsiasi età. Di regola, in questi casi, il decorso della malattia è più lungo e può durare complessivamente 2-4 settimane. In una piccola parte delle persone, che manifestano sintomi gravi, i problemi alle vie respiratorie peggiorano a tal punto da richiedere un trattamento medico intensivo con una respirazione artificiale a sostegno della funzione polmonare.
«La polmonite interstiziale è solo la manifestazione iniziale e più evidente di una patologia sistemica (disfunzione multiorgano - MOF). I pazienti sviluppano spesso sintomi riconducibili ad una vasculite, Il virus aggredisce l’apparato respiratorio, il fegato, i reni e il cuore, procurando gravi disfunzioni cardiocircolatorie, inoltre il virus manifesta tropismo per i tessuti cerebrali con gravi ripercussioni sulle funzioni neurovegetative, prima fra tutte la funzione respiratoria», sottolinea il dottor Fiorentino Fraganza, Direttore dell'Unità Operativa Complessa di Anestesia, Rianimazione e Terapia Intensiva, Azienda ospedaliera Dei Colli, ospedale 'Domenico Cotugno' di Napoli. La struttura costituisce un’eccellenza italiana per i protocolli messi in atto per la protezione dal rischio infettivo del Covid- 19.
Tra le terapie da somministrare in ospedale e varie sperimentazioni in corso, approvate dagli organi preposti, molti clinici stanno ponendo attenzione sul ruolo degli anticorpi IgM nella fase proinfiammatoria: «Il nostro organismo si difende dall'attacco esterno, producendo sostanze infiammatorie, che servono a sconfiggere l’agente estraneo. In alcune situazioni, però, questa risposta è esagerata e si liberano troppe sostanze difensive che inevitabilmente attaccano i nostri stessi organi -spiega l'esperto- il sistema immunitario produce varie di queste molecole, tra cui le Interleuchine, ma quando sono troppe vanno frenate. Di solito è lo stesso organismo che tende a creare una risposta 'compensatoria' per frenarle, ma, non sempre riesce. Così diventano importanti i farmaci ed è il caso del 'tocilizumab', che ha proprio un'azione anti Interleuchina 6, una potente molecola infiammatoria prodotta dal sistema immunitario in risposta all’infezione. I migliori risultati si ottengono quando questo anticorpo monoclonale viene somministrato precocemente. In generale possiamo dire che la prognosi del paziente sarà tanto migliore quanto si mantiene un equilibrio in tutto il sistema infiammatorio».
Infatti, a sostegno di questo, tra le terapie usate in questo periodo nei pazienti ricoverati al 'Cotugno' oltre al tocilizumab, i cui effetti positivi sono stati oggetto di notevole interesse nel mondo scientifico, nel contesto di una terapia di sostegno alla modulazione della risposta immunitaria e infiammatoria dell’ospite «utilizziamo anche immunoglobuline polivalenti ad alto contenuto di IgA ed IgM, che riteniamo possano contribuire a modulare la produzione di citochine».
L’obiettivo è “raffreddare” la risposta infiammatoria disregolata, equilibrando l’attività infiammatoria sistemica (SIRS) indotta dal virus e la risposta antagonista compensatoria antiinfiammatoria (CARS). «In questa combinazione di diverse strategie terapeutiche –prosegue lo specialista- ricorriamo in alcuni casi a tecniche extracorporee di rimozione citochinica, come da recente indicazione dell’ente statunitense FDA e anche ad eparina». Il risultato finale per i pazienti ricoverati per coronavirus, dipende però dalla gravità delle condizioni che li hanno portati in rianimazione. Questo perchè si sta scoprendo che giocano un ruolo di primo piano in questa tempesta infiammatoria anche le infiammazioni dei vasi sanguigni con relative alterazioni delle pareti ('vasculiti'), che portano a trombosi arteriose o venose. «Solo con un approccio multiterapeutico, in pratica, si riesce a ridurre progressivamente la ventilazione artificiale fino ad arrivare all’ estubazione e alla ripresa del respiro spontaneo, cioè al cosiddetto 'processo di svezzamento'. L’estensione sistemica della malattia da coronavirus lascia pochi margini terapeutici».
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